La medicina aerospaziale studia come il corpo umano reagisce a condizioni ambientali radicalmente diverse . Due tra le più estreme sono l’alta quota e la microgravità. In entrambi i casi, l’organismo deve affrontare un cambiamento profondo , coinvolgendo apparati respiratorio, cardiovascolare, muscolare e nervoso.
In quota, il problema principale è la riduzione della pressione atmosferica, che limita la quantità di ossigeno disponibile,
fisiologia del volo e dell’altitudine. Il corpo risponde aumentando la frequenza respiratoria e cardiaca. Aumenta anche la produzione di globuli rossi, ma questi adattamenti richiedono tempo. Se l’ascesa è troppo rapida, compariranno segni di ipossia: affaticamento, disturbi cognitivi, nausea e calo delle prestazioni in seguito edema cerebrale e polmonare. L’acclimatazione è quindi un processo fisiologico essenziale.
In microgravità, invece, l’assenza di carico meccanico ridistribuisce fluidi corporei verso il torace e la testa e si riduce il carico sull’apparato muscolo-scheletrico. Nel tempo, questo porta a perdita di massa muscolare e ossea, alterazioni cardiovascolari e disturbi dell’equilibrio.
In entrambi i contesti, il corpo umano dimostra una notevole capacità di adattamento. La medicina aerospaziale non si occupa solo di “ comprendere “ le modificazioni indotte dall’ambiente, ma di progettare addestramento per ottenere prevenzione e sicurezza. È la scienza che permette all’uomo di operare in condizioni per cui non è biologicamente programmato.