Fisiologia del Volo e dell’Altitudine (ipossia, decompressione)

Il volo aeronautico e l’altitudine hanno due problemi  in comune  : l’ipossia , cioè la diminuzione dell’ossigeno disponibile piu’ si sale in alto, come effetto della rarefazione dell’aria.
Gli aerei risolvono  con la pressurizzazione della cabina, cioè dei compressori pompano aria all’interno riuscendo a portare la pressione “cabina” comparabile a quella che si ha quando si sale  in montagna tra 1000 e 2000 metri.
Quindi le strutture degli aereoplani debbono essere per forza leggere ma molto resistenti. Quando qualcosa si rompe , per esempio un finestrino, il risultato e’ la decompressione esplosiva , cioè tutta l’aria con maggior pressione all’interno violentemente esce.  L’effetto è equiparare la pressione interna con l’esterna, se l’aereo volava a 8000 metri diventa equivalente a quella dell’Everest.
Conseguenze: il  T.U.C. = Time of Useful Consciousness ( tempo di coscienza utile ) che è  il tempo massimo durante il quale una persona rimane in grado di agire in modo efficace dopo una brusca riduzione dell’ossigeno si riduce drammaticamente , nell’aereo che vola a 8000 metri diventa  di 3- 5 minuti.
L’ipossia è uno dei fattori di rischio più sottovalutati, ma anche uno dei più pericolosi nell’alpinismo.
Il ragionamento è uguale: salendo di quota, la quantità di ossigeno disponibile nell’aria diminuisce progressivamente. Non cambia la percentuale di ossigeno, ma la pressione: e con essa cala l’ossigeno che riesce a entrare nel sangue. Il risultato è una ridotta ossigenazione dei tessuti, soprattutto del cervello. Le conseguenze possono essere l'edema cerebrale o polmonare.
 
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